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“...feudum Comisi cum aliis fortiliciis et edificis ...”

- Le prime notizie certe sul castello risalgono al 1.330 ma nella sua struttura attuale fu costruito intorno al 1497. Infatti già in alcuni documenti del XIII — XIV sec. si parla del castello di Comiso, e si descrive come “...feudum Comisi cum aliis fortiliciis et edificis ...”, quindi, già prima della fine del Trecento Comiso era cinta di solide mura per tutto il perimetro, e aveva torri e castello con antistante fossato.
- Intorno al 1392 la proprietà del castello passò da Federico Speciaro ai conti Cabrera, mentre nel 1453 fu venduto a Periconio Naselli, barone della Mastra (oggi Butera), il cui discendente Gaspare II Naselli nel 1571 fu nominato Conte di Comiso da Filippo I di Sicilia.

Nel periodo bizantino, intorno al 330 d.c. il casale di Comicio si concentrava attorno alle due chiese di S. Biagio e S. Nicola, in questo periodo fu munito di forti e torri di difesa; intorno all’827 il casale fu duramente provato dall’invasione degli Arabi. Nel periodo normanno nascono i muri a secco, che caratterizzano ancora oggi il paesaggio collinare. Nel periodo normanno compare il nome Comiso; la Comiso medievale si arricchisce di nuove vie urbane e di chiese, tra cui la chiesa della Misericordia, tuttora conservata. Antichissima chiesa che risale al XIII secolo. E’ detta “u Tumminu”, per la presenza di un’apertura girevole che consentiva alle suore di accogliere i bimbi abbandonati.

La Dimora

Il castello rinascimentale sorse su un edificio sicuramente di epoca classica, lo testimoniano alcuni busti e iscrizioni di epoca romana, che furono inglobati nel nuovo edificio. L’edificio appartenne ai vari signori di Comiso, dai Berlinghieri, alla casata dei Chiaramonte, ai Cabrera, fino ai Naselli che lo acquistarono nel 1453.
La parte più antica del Castello è il Battistero dedicato a San Gregorio Magno, con resti di affreschi di epoca bizantina e risalente intorno all’anno mille. Il castello presenta un torrione rotondo a nord, che in origine era una cuba araba, e una torre quadrangolare sul lato est. La parte nord del Castello è caratterizzata da un’elegante trifora serliana, che fu aggiunta nel 1728, nella loggetta le pareti sono affrescate con paesaggi e voli di uccelli.

Intorno al 1392 la proprietà passò da Federico Speciaro ai conti Cabrera, mentre nel 1453 fu venduto a Periconio Naselli.
Nel 1393 Comiso viene a fare parte della Contea di Modica, assegnata ai Cabrera, fino al 1453, anno in cui a causa di una crisi economica questi ultimi la vendono a Periconio II Naselli.
Dal 1453 il Castello fu dimora stabile della famiglia fino al 1693, quando il terremoto fece crollare gran parte della struttura a eccezione della torre. I lavori per restaurarlo continuarono fino agli inizi del Settecento, ma la trasformazione a palazzo signorile si ebbe nel 1729 quando vi dimorò il Viceré Cristoforo Fernandez de Cordova e il suo seguito, venuto in Sicilia per accertarsi de visu della vera efficienza delle fortezze e dell’ordinamento militare di tutte le università dell’isola compreso la nostra Comiso.

Sono altresì presenti due portali ogivali, di cui uno è chiuso da una massiccia porta ferrata a grosse bugne risalente al 1400; una splendida fontanella inserita nella parete e risalente al Cinquecento attribuita al Gagini o alla sua scuola; un fusto di fontana del 1600 circa, in pietra locale riccamente scolpito, conservato nel cortile interno.

Curiosità

Secondo una leggenda il conte era assediato dentro il suo castello dai suoi nemici per molti giorni e l’assedio non accennava a finire, tanto che le scorte alimentari scarseggiavano. Allora una notte, mentre era in preda all’angoscia, gli apparve San Biagio, il quale lo rassicurò dicendogli che la penitenza sarebbe finita se egli avrebbe digiunato e seguito un suo consiglio: doveva fuggire attraverso un canale sotterraneo e, uscito in aperta campagna, avrebbe incontrato un pastore dal quale avrebbe dovuto acquistare delle ricotte, che, tornato al maniero, avrebbe dovuto gettare sugli assedianti. Il conte, essendo un uomo pio, seguì il consiglio del santo, e avvenne come era stato predetto: il conte si arrese e si mise a buttare sugli accorsi quelle ricotte a una a una. Al che, avendo persuaso i nemici dell’impossibilità di prendere la torre per fame, li indusse a togliere l’assedio. Così castello e paese furono salvi.

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