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I Montaperto contro i Naselli: la lotta per il potere ad Agrigento nel secolo XVI (agrigentoierieoggi.it)

Il viceré siciliano Ugo Moncada ricevette dal sovrano Carlo V ordini di dimissione, ma egli, rifiutandosi di lasciare l’incarico, aizzò una parte dell’aristocrazia dell’Isola, a lui fedele, a scatenare una vera e propria guerra civile. I nobili che sostenevano Moncada, il Viceré dimissionario, erano convinti di poter ottenere nuovi privilegi se avessero appoggiato la causa, ma c’era anche l’aspettativa di una possibile indipendenza dal regno di Spagna. Tra le città coinvolte in questa guerra civile vi fu Agrigento. Durante tale periodo le città siciliane presentarono al re, al Vicerè, al parlamento delle precise richieste attraverso dei testi chiamati “capitoli” . Anche Agrigento presentò i suoi Capitoli e dalla lettura di tali fonti abbiamo anche notizie riguardanti la rivolta scoppiata in quegli anni nella Città dei Templi e la lotta per il potere tra le nobili e potenti famiglie Montaperto e Naselli.

“I Capitoli di Agrigento (218) vennero presentati da Poncio de Marinis, barone di Muxaro e da Paolo de Mistretta dottore in utroque nonché milite « auratum ».

Vi è detto che il popolo saccheggiò il frumento dei mercanti e l’università chiedeva di pagarlo in sei anni; vi si parla di prime e seconde rivolte. Il saccheggio dei magazzini significa senz’altro che la popolazione temeva che l’esportazione causasse la fame e ripropone una spiegazione dei fatti adombrata nel primo capitolo, parlando della lunga siccità. Il La Lumia più volte citato, derivando da una cronaca locale, pare conosca una sola rivolta, accaduta al momento dell’espulsione del Vicere Moncada, e che si sarebbe risolta in una guerra privata tra i Naselli e i Montaperto, con saccheggio e distruzione della casa di Pietro Montaperto, signore di Comiso, appoggiato dai nobili, mentre i Naselli si appoggiavano ad una clientela numerosa e più bassa.

Sarebbe questa la prima delle rivolte cui accennano i Capitoli, caratterizzata, secondo il cronista, da una questione sociale confusa in una lotta tra due famiglie. Nel racconto del La Lumia fa impressione la signoria di Comiso attribuita al Montaperto, mentre è risaputo che di Comiso erano baroni i Naselli, e che Comiso è troppo lontana da Agrigento perché i suoi baroni potessero risiedere nella città dei templi. In realtà quei Naselli erano i baroni di Diesi e Gaspare era già in carcere nel 1509, sottoposto a processo da Teseo Capoccio per non so quale accusa (219).

In realtà nei fatti di Agrigento non hanno a che fare né Comiso né i Naselli di Comiso; ma la situazione era già abbastanza complicata. I Montaperto avevano anche altri nemici coi quali avevano giurato tregua al tempo del Presidente Calatajud.

Ma il sabato mattina 5 novembre 1513 il magnifico Gaspare di Bartolomeo Montaperto se ne andò a messa in San Francesco, accompagnato dal seguito, come era costume. Al ritorno passò dinanzi alla casa di Luciano Belguardo col quale aveva giurato pace; Luciano con 14 uomini armati di lance, coltelli e balestre lo assalì; restarono feriti tre uomini del seguito: mastro Nicolò Caruso carrozziere a una gamba; un altro al collo e un terzo alla testa (dunque un seguito clientelare che si estendeva sino agli artigiani). Il Capitano carcerò Luciano ed altri sette uomini tra i quali tre « mastri » (seconda clientela estesa fino agli artigiani). Altri furono banditi.

Il Montaperto si presentò al Vicere che mandò il solito Commissario della Regia Gran Corte e, nel tempo delle informazioni, i « valituri » della parte accusata dovevano uscire dalla città; soltanto il padre del Belguardo poteva assistere all’escussione dei testi (220). E c’erano anche inimicizie atroci a livello diverso. Amato Bonaccolti, dottore in utroque e giudice della corte civile, aveva nemico Antonio Lo Burgio pure dottore e che voleva ucciderlo. Ebbero una disputa e si ingiuriarono; Gerolamo Lo Burgio fratello mise mano alla spada; poi Amato andò giudice a Sciacca; si recò in una sua vigna su un mulo; Gerolamo lo raggiunse su un cavallo bianco, lo assalì e lo ferì, poi assoldò un bandito e alla fine lo assalì in casa (221).

Io credo che i tumulti siano stati effettivamente due ma, per analogia con altre città, propongo come prima la rivolta popolare con saccheggio dei magazzini e come secondo l’episodio di lotta Naselli-Montaperto, intendendo i Montaperto come una delle famiglie patrizie di Agrigento ed i Naselli (di Diesi) in lotta per il primato; del resto ad Agrigento abitavano vari baroni ed abbiamo già visto i De Marinis; vi erano anche i Lo Porto e gli stessi Montaperto erano baroni di Raffadali. Il primo episodio, 1516, fu abbastanza grave da essere conosciuto a Palermo ed a Messina; fu presentato come episodio antimoncadiano dagli Annali di Messina del Gallo che, non so in base a quali fonti, narra che Agrigento sollevata scacciò gli « ottimati » e costituì un governo popolare.

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